La preparazione psicologica del tiratore e fondamentale nel tiro con l’arco perché questo richiede all’atleta una calma notevolissima che gli consenta una mira tranquilla e un rilascio preciso.
Che cos’e la tensione?
E’ un accumulo di emozioni (reazioni emozionali all’ambiente, all’allenamento, ecc.) che porta alla deviazione mentale e al panico organico.
A)Deviazione mentale
Il tiratore e preso dal panico e ciò si traduce generalmente nell’impossibilita di effettuare correttamente il movimento voluto, dopo le prime frecce egli non ritroverà più la posizione del braccio dell’arco ne il suo rilascio abituale.
Inoltre sarà incapace di riflettere su come riassumere la esatta posizione e correggersi. La sua attenzione sarà attirata da elementi estranei al tiro che associandosi alle riflessioni sulla posizione gli impediranno il coordinamento delle idee.
B)Panico organico
- muscoli lisci: lo spasmo di questi portera alla costrizione del plesso solare (sensazione di bolo), spasmi gastro-intestinali.
- muscoli striati: tremito emotivo, brividi con battito di denti, irregolarita del ritmo cardiaco.
Il tono muscolare e il ruolo dell’ emotività
Il tono muscolare e lo stato di contrazione leggera e permanente dei muscoli striati che assicura l’equilibrio del corpo nel riposo, nel movimento e nel mantenimento della disposizione ai movimenti (tono di riposo e tono di sforzo).
Esso e sostenuto da eccitazione nervosa a livello delle fibre muscolari che seguendo la frequenza e il numero delle fibre muscolari impegnate producono una tonicità più o meno importante di tutto il muscolo.
Questo tono e regolato dai centri superiori (cervello e cervelletto). In caso di deviante mentale le informazioni date dai centri superiori saranno soverchie e potranno causare:
- un tono esasperato dei muscoli a riposo
- una inibizione tonica dei muscoli in lavoro
- una perdita di equilibrio di lavoro per cattiva ripartizione del tono (gesto atletico poco utile o poco economico)
Questi sono i differenti fenomeni psicologici e somatici provocati dall’emozione.
Cause della tensione emotiva
A) Insufficienza di possibilità di adattamento.
In questo caso l’individuo non riesce a trovare una soluzione soddisfacente al problema posto.
Il nuovo: il tiratore si trova in una situazione nuova che non gli si e mai presentata durante l’allenamento. Da questo principio si può dedurre che più il tiratore e inesperto più si trovera di fronte a situazioni nuove e più sarà esposto a forti emozioni.
Questo già ci dimostra l’importanza di un allenamento che metta il tiratore in grado di essere preparato a tutte le possibili situazioni.
B) L’insolito
“Vi sono delle situazioni, che anche se si ripetono, sono sempre nuove perché ad esse non esistono delle valide risposte” P. Froisse, ad esempio un rumore violento.
C) L’improvviso
“La grande causa dell’emozione e la sorpresa” P. Janet, ad esempio l’ora della gara e rimandata: cosi il tiratore sarà impreparato e non avrà tutte le soluzioni adeguate alla nuova situazione e si trovera disorganizzato.
D) Eccesso di motivazione
Eccesso di motivazione prima dell’azione, quando per il tiratore c’e in palio una selezione, un titolo, un incontro internazionale.
In questi casi il tiratore e condizionato da una situazione che egli sopravvaluta, questa motivazione gli impedisce di distaccarsene e di pensare lucidamente a ciò che deve fare.
E) L’aggressività
Nella vita quotidiana, si manifesta quando c’e una frustrazione, cioè quando un ostacolo fisico, sociale o immaginario interrompe la marcia verso uno scopo.
Nello sport, durante la competizione l’aggressività può essere provocata da una osservazione dell’allenatore, da un atteggiamento antisportivo dell’avversario, da una pretesa ingiustizia dell’arbitro, dal non riuscire a fare quello che ci si era prefissato.
F) Il ritiro e l’evasione
Le cause sono le stesse dell’aggressività con la sola variante che l’individuo si comporta in modo diverso, egli smette di tirare, non si batte più, addirittura, abbandona il terreno di gara.
G) Le emozioni condizionate
Alcuni tiratori provano emozioni sempre nello stesso momento della gara, esempio, il tiratore che conduce per tutta la gara e poi, invariabilmente, si lascia rimontare dall’avversario.
H) Le emozioni per contagio
La paura e contagiosa come la gioia. In una squadra, se un tiratore e particolarmente ansioso, le sue emozioni possono comunicarsi agli altri componenti della squadra.
Queste appena esaminate sono le cause principali di emozioni molto forti. L’allenatore deve conoscere alla perfezione le reazioni emotive di ciascun tiratore allo scopo di poter insegnare allo stesso ad allontanarle qualora insorgano durante la competizione.
Quali sono i mezzi a nostra disposizione
L’allenatore dovrà in primo luogo insegnare al proprio tiratore a dominarsi quando insorge un ostacolo.
In una certa misura, a dominare le sue emozioni, ciò vuol dire migliorare la sua concentrazione, saper orientare i propri pensieri in modo da non lasciarsi travolgere da essi.
Un primo lavoro può essere intrapreso al di fuori dell’allenamento propriamente detto, la pratica del rilassamento è un modo di ottenere una buona concentrazione insieme ad una buona forma fisica.
E’ anche una tecnica di ricerca del riposo più efficace (prezioso durante la notte che precede una competizione) e nello stesso tempo dell’economia delle forze nervose utilizzate nell’attività generale dell’individuo.
Bisogna distinguere il rilassamento dalla decontrazione, il primo riguarda l’insieme della nostra vita fisiologica (vita vegetativa e vita di relazione), la seconda concerne esclusivamente i muscoli striati.
Il rilassamento
Si possono distinguere due varianti del tipo occidentale, Analitico, rilassamento analitico secondo il metodo Jacobson è utilizzabile sia nello sport che nella vita quotidiana, Il suo scopo e quello di far percepire al tiratore sensazioni di contrazione in gruppi muscolari stabiliti.
Questa pratica conduce al rilassamento psichico per mezzo del controllo della muscolatura e delle espressioni.
Il tiratore imparerà a conoscere i gruppi muscolari di cui deve servirsi e quelli da isolare per mezzo di una decontrazione locale volontaria allo scopo di effettuare il movimento con il minimo sforzo.
Un secondo metodo è quello così detto Globale, Il Traning Autogeno secondo il metodo Schultz, è una modificazione volontaria dello stato tonico di tutto il corpo per mezzo della concentrazione della coscienza su certe scelte cinestetiche, esempio, il tiratore durante una gara immagina di essere solo e che il campo e il solito campo dove abitualmente si allena.
Con un allenamento finalizzato a questo rilassamento globale, egli arriverà ad eliminare le cause emozionaI i esterne ed eventualmente, a ritrovare la calma, la concentrazione e la sicurezza
Ma la base di tutte le tecniche di rilassamento sta in una respirazione corretta e completa, una vola che il tiratore avrà imparato a controllarla vedrà sparire il nervosismo e apparire il controllo.
Lo YOGA
Contrariamente a quanto si crede non e una religione o una ginnastica specializzata per amanti di contorsioni originali ma semplicemente un metodo di vita, di un ideale raggiungibile attraverso differenti strade. In effetti, esistono almeno lO scuole di yoga.
Quello che a noi interessa e l’HATHA YOGA, gli scopi di questo sono la padronanza del corpo, il suo rilassamento e la concentrazione mentale.
Questi risultati si raggiungono per mezzo di movimenti appropriati chiamati ASANA, la padronanza fisiologica permette di raggiungere la padronanza psicologica che a sua volta favorisce la realizzazione dell’ideale di ciascuno.
Il controllo di se raggiunto con gli esercizi ASANA, eseguiti con speciale attenzione, conduce il praticante a vedersi agire nei suoi movimenti, cioè lo conduce a scoprirsi come egli è realmente e non come pensa di essere ed in seguito, a padroneggiarsi, a gestirsi e se lo desidera, a modificarsi.
Con questo lavoro di studio su se stesso, il praticante sviluppa parallelamente la sua capacita di concentrazione visto che egli è obbligato a fissare la propria attenzione su un solo oggetto, il proprio corpo.
Man mano che acquista la padronanza del proprio corpo e sviluppa la capacita di concentrazione, egli rallenta anche il processo del proprio pensiero, cosa che gli permette di comprendere meglio la propria persona (come personaggio-personalità) sempre più profondamente.
In questo modo egli imparerà, per esempio, che decontrazione non significa rilassamento, perchè si può essere apparentemente padroni di se e non lasciar trasparire alcunchè, cioè essere non contratti, ma poi bollire internamente per un nonnulla.
Non è necessario fare movimenti complicati per raggiungere questi risultati, dei semplici esercizi ci condurranno alla meta con la soIa condizione di lavorare regolarmente e con costanza.
Il rilassamento dovrà essere effettuato dopo ogni allenamento, la vigilia e nel corso della competizione.
L’atto volontario
La Rappresentazione globale del movimento, deve essere effettuata non attraverso la rappresentazione dettagliata ma attraverso una sintesi sensoriale, una percezione d’insieme scaturisce da una vera memoria del movimento globale ma che maschera, in realtà, la somma di dettagli muscolari della coordinazione motoria, di impressioni sensoriali e sensitive corrispondenti a questo movimento.
Questa fase si situa durante l’allenamento e nel corso dell’apprendimento della tecnica in modo che il tiratore abbia la percezione globale del gesto tecnico da effettuare.
L’ Intenzionalita di eseguire il gesto, da dove proviene l’intenzione? Che cos’e? Che cosa la provoca?
A questo punto sembra che sia giunto il momento di porre il fondamentale problema della volontà
L’intenzione esiste solo se esiste una motivazione corrispondente.
Esecuzione materiale del movimento, lo svolgimento stesso del movimento.
Il ruolo del allenatore
L’allenatore deve conoscere le motivazioni del suo tiratore in modo da organizzare un allenamento finalizzato al raggiungimento dello scopo.
Se lo scopo proposto dall’allenatore non si adatta alle motivazioni del tiratore i progressi di quest’ultimo saranno limitati, “In effetti noi constatiamo che l’Io si identifica sempre con l’atto volontario quando un contesto favorevole pone in sintesi armoniosa, interessi e supporti affettivi, atti e supporti organici, mezzi e supporti oggettivi. La distruzione dei rapporti tra questi tre fattori genera ineluttabilmente una limitazione di espressione.” R. Cheppnis
A partire dalla presa di coscienza dell’importanza della motivazione, l’allenatore deve tener conto anche dell’eta del tiratore, poichè gli interessi non possono essere gli stessi per tiratori di differente età.
In effetti il tiratore ha una attitudine selettiva preferenziale riguardo gli oggetti e le situazioni ambientali. In presenza di un certo numero di oggetti e di situazioni, alcuni sono accettati e altri respinti.
Questa relazione da al comportamento la sua direzione e d organizzazione. Si può dire perciò con P. Fraisse che “la motivazione e la sorgente di attività e di direzione, essa attribuisce valori positivi o negativi.”
Questi valori variano a seconda del sesso, dell’eta, dello sport, del mezzo sportivo scelto.
L’allenatore deve sempre orientare il suo lavoro in rapporto alle motivazioni scelte dal tiratore nella realizzazione del suo sport.
Questo scopo spesso si collega ad un altro risultato che il tiratore vuole raggiungere in funzione di esigenze sociali.
L’interpretazione freudiana della motivazione e più negativa, questa sarebbe, infatti, frutto di dispiacere e di angoscia.
Il tiratore vive lo sport come un intenso episodio di vita: egli vuole essere potente e a volte dominatore.
Uno sportivo, dunque, può praticare lo sport al solo fine di sentirsi superiore, è da notare che il bisogno di divertirsi e più forte nei giovani, questo fatto, riferito al tiro con l’arco, pone alcuni problemi a causa del limitato dispendio di energie.
In ogni caso l’allenatore dovrà trovare degli esercizi che diano al ragazzo la possibilità di esprimersi, dovrà essere lasciato più libero quanto alla tecnica pura ed allenato maggiormente sul fisico.
Per i ragazzi di 14 anni e gli adolescenti il problema e differente, verso i 13-14 anni gli adolescenti hanno un certo pudore del proprio corpo e quindi l’interesse si sposta su problemi più teorici quali, appunto, la tecnica.
A questo punto sorgono parecchie necessita, la ricerca dell’estetica che si esprime nella necessita di avere una tecnica perfetta, l’affermazione di se, cioè il bisogno fondamentale al quale risponde ogni agonista.
Lo sportivo mette costantemente in questione se stesso per la propria attività intanto che essa implica la ricerca della efficienza sotto qualsiasi forma questa si esprima.
Ma questa affermazione di se stessi prende un carattere specifico come spiega Buet, Nello sport non si ottiene l’affermazione di se se non la si collega ai rapporti concreti con gli altri (avversari, pubblico, ecc.), in funzione. di ostacoli (naturali o artificiali), di regole (che ci sono imposte)
In realtà, l’affermazione di se non potrà realizzarsi se non dopo una vittoria sugli elementi esterni (il comportamento disturbatore del pubblico o quello antisportivo dell’avversario, dolori, ferite, ecc.).
L’affermazione di se può avere molte sfaccettature, in parole semplici, questa può essere una tendenza dell’Io a darsi il motivo dell’esistere e quindi per lo sportivo una sorta di liberazione ed e anche una scoperta di se stessi e delle proprie possibilità.
Questa curiosità intorno al proprio lo porta lo sportivo a ritornare sulle frontiere delle proprie possibilità e a porsi traguardi sempre più difficili da raggiungere.
Peraltro, la tendenza a conoscere se stessi e estremamente sollecitata dato che l’atleta deve sempre prevedere le proprie emozioni, attenersi strettamente agli allenamenti ed infine autogestirsi alla perfezione.
L’allenamento
In primo luogo bisogna abituare il tiratore ad essere autoresponsabile egli, cioè, non deve essere teleguidato dall’allenatore senza comprendere che cosa stia facendo e perchè.
Dopo la gara il tiratore deve essere in grado di analizzarne le fasi, adottare una tattica prima e durante la gara e cercare di attuarla.
L’allenamento non deve svolgersi sempre nella stessa maniera, l’allenatore deve elaborare un piano di lavoro articolato in funzione delle gare.
L’allenatore tiene conto del comportamento del tiratore durante le competizioni prima di elaborare il piano di lavoro.
Si controlli costantemente l’efficienza del tiratore, ad esempio se egli non e costante, bisognerà lavorare in questa direzione.
Conclusioni Abbiamo dato degli esempi che devono essere elaborati per l’allenamento e per il rafforzamento della volontà. Questa lista, però, non e esaustiva, l’elaborazione del piano di lavoro per rafforzare la volontà non può essere eseguita se non in funzione del problema psicologico e quindi individuale.
Di conseguenza non possono essere date altro che linee conduttrici per un piano che solo l’allenatore può specificare.
Perciò, quest’ultimo e tenuto a conoscere perfettamente il suo tiratore, ovverosia i motivi che lo spingono verso il tiro con l’arco, tenendo conto che sono molto numerosi, variati, e spesso non confrontabili con i suoi.
Da questo dato fondamentale l’allenatore osserverà l’atleta tirare in competizione e registrerà le situazioni che sono vissute più emotivamente da questo. In base a queste osservazioni potrà abituare il tiratore a queste emozioni e di conseguenza migliorerà la sua concentrazione.
Quest’ultima, chiaramente, migliorerà anche col migliorare della tecnica.
In realtà, il tiratore si deve poter concentrare sulle immagini mentali e sugli schemi di movimento corporeo che determinano il gesto finale. Per questo motivo il tiratore deve conoscere perfettamente la tecnica onde non avere ulteriori problemi inaspettati in competizione.