Il target panic è uno dei problemi più diffusi e impattanti, che colpisce gli arcieri di varie divisioni con forme diverse.
Ci sono alcune peculiarità psicologiche che creano un terreno fertile a questo tipo di problema, ma qui cercherò di concentrarmi sulle questioni tecniche operative che creano le condizioni perché questo tipo di problema venga a galla.
Prima però diamo una definizione di target panic.
Il target panic è un riflesso condizionato automatico che si istituisce in uno o più punti della tecnica di tiro e prende il dominio del gesto, questo genera una sensazione di perdita di controllo da parte del arciere.
Da questo momento in poi l’arciere inizia a costruire una serie di comportamenti coscienti o non coscienti per opporsi a questa sensazione di non controllo che spesso si rivelano non funzionali o addirittura controproducenti.
Questa sensazione di non essere in controllo delle proprie azioni ma governati da qualcosa di non ben identificato è quello che comunemente chiamiamo target panic.
Ma perché target, cioè perché questa cosa ci succede quando abbiamo davanti un bersaglio?
Un riflesso condizionato è una risposta automatica che non passa dalla mente cosciente, attivata da un trigger.
Nella maggior parte dei casi questo trigger è costituito dalla visione del giallo o dalla collimazione tra mirino e giallo o tra punta della freccia e giallo, cioè lo stimolo visivo innesca la risposta automatica.
Come si istaura questo riflesso condizionato?
In questo il tiro con l’arco con la sua ripetitività ci viene decisamente in aiuto.
È sufficiente tirare al volo non appena si entra nel giallo, per un numero di frecce adeguato, magari supportato da risultati al bersaglio incoraggianti per fare si che il nostro subconscio dia una etichetta positiva a questo automatismo e lo istauri.
Questo ha una serie di indubbi vantaggi a livello di riduzione della fatica mentale di dover compiere una serie di gesti in maniera conscia ed anche sulla ripetitività ad esempio del rilascio.
Sarebbe tutto perfetto se non durasse molto poco.
Come abbiamo detto questo riflesso è condizionato da uno stimolo visivo, cioè quando lo stimolo visivo corrisponde a determinate caratteristiche il riflesso avviene e non c’è modo di fermarlo se non tramite un enorme sforzo cosciente.
Un esempio tipico è quello del arco nudo in cui se si guarda il giallo e la punta arriva lì dove la vediamo di solito, la freccia parte anche se non siamo arrivati perfettamente ai contatti o se ci manca ancora da fare tutta una serie di cose per tirare quella freccia come vorremmo.
Altro esempio tipico, nel compound, il mirino è nel giallo e il dito sul grilletto pigia in maniera automatica anche se vorremmo fare una azione meno brutale e più progressiva.
Cosa dobbiamo evitare?
Se ancora non abbiamo questo problema il modo corretto di impostare la nostra sequenza in modo che questo problema non ci colpisca è quello di mettere la mira in una parte intermedia del tiro e non alla fine.
Possiamo dividere la sequenza di tiro in due macro aree, una è la preparazione ed una il tiro vero e proprio comprensivo di follow through.
La mira va inserita come punto nella prima fase per poi essere semplicemente mantenuta nella seconda.
La mira non è collimare per un istante ma costruire un equilibrio di forze che abbia una direzione ben precisa e che possa essere mantenuta allungo.
La mira non è stare fermi ma girare in un gomitolo quanto più stretto e lento possibile.
Quindi la fase di preparazione del tiro serve a costruire una posizione di tiro che ci permetta di mettere in equilibrio e poi continuare a gestire questo equilibrio per il tempo necessario a chiudere l’azione in maniera corretta.
Esempi di sequenza di tiro corretta
Arco nudo, impostare la mano della corda e quella del arco, sollevare l’arco, allineare le spalle, completare la trazione fino ai contatti, collimare punta e bersaglio, la fase di preparazione si può dire completata.
Continuando a mantenere la collimazione si continua a incrementare la back tension fino al completo allineamento questo è il segnale che si è pronti per lasciare che la corda apra le dita.
Concludiamo il tiro mantenendo gli occhi al bersaglio il braccio del arco in direzione dello stesso e la contrazione della schiena.
Compound, impostiamo mano dello sgancio è quella del arco, sollevare l’arco, aprirlo portando contemporaneamente l’allineamento delle spalle voluto, portare i contatti, portare la back tension scaricando forza e tensione dal braccio di trazione, collimare visette diottra e bersaglio.
Continuando a mantenere la mira, incrementiamo coscientemente la back tension e operiamo sullo sgancio in maniera progressiva fino ad arrivare all’apertura dello stesso.
Concludiamo il tiro mantenendo la direzione del braccio del arco e la tensione dorsale.
Per l’olimpico la situazione è un po’ diversa ma ne parleremo in un altro articolo.
In conclusione
Se ancora non hai questo problema e vuoi evitare di incontrarlo sul tuo cammino, il consiglio che ti do è di costruire una sequenza di tiro cosciente da seguire freccia dopo freccia.
Sequenza in cui la mira sia solo uno dei punti e non la discriminante unica.
Evita come la peste di tirare al volo nel unico istante in cui ti vedi nel giallo.
Se hai già questo problema il lavoro per uscirne vincitore potrebbe essere un po’ lungo e faticoso ma ti basti pensare che quasi tutti i campioni prima di diventare tali ci sono passati e lo hanno risolto e forse proprio questo lì ha resi migliori.
Spero di esserti stato utile